#ventre di venere
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La giornata di ieri ...Continua...
Prima del bagnetto serale, dovevo farmi una bella doccia preparatoria. Ho sparso gli indumenti un po' ovunque, mi sono fatta prendere dalla smania di sentirmi libera. Mi sono fiondata nella doccia calda, avevo una voglia matta di togliermi di dosso tutta la fatica della giornata, i pensieri, le arrabbiature. Ho chiuso gli occhi e ho iniziato a sentire i gettiti d'acqua che scendevano sul mio corpo, rivoli che si disperdevano ovunque. Godevo di queste carezze d'acqua. Mi sono appoggiata al muro e ho iniziato a fantasticare e a pensare solo a cose piacevoli che inebriavano i miei sensi. Ho Immaginato le tue mani su di me, che mi stringevano, mi palpavano con dolcezza. Ho portato il doccino sui capezzoli, e ho iniziato a ruotarlo e questo mi ricordava la tua lingua che giocherellava , girandoci attorno. I capezzoli si sono irrigiditi, me li sono toccati, li ho pinzati con le dita come fai sempre tu. Mi sono procurata un piacevolissimo dolore che ha innalzato la mia eccitazione. Sentivo le resistenze venir meno. Ho spostato il doccino sul mio ventre, giocando ora con l'ombelico, fremetti inarcai la schiena e mi sono alzata sulle punte dei piedi. Scesi ancora più giù, ora era il turno del monte di Venere. L'acqua scivolava giù a irrorare la valle. La sentivo scorrere tra le gambe, lambire il mio bottoncino di carne e incunearsi tra le grandi gole e scivolare fino ai piedi. Mi sono sentita fuori di me, persa, mi sono abbandonata ai ricordi di quando con la tua lingua mi facevi assaporare l'estasi del divino. Le sensazioni furono fortissime, travolgenti, violente, tutto mi girava intorno...
Esplodi in un orgasmo liberatorio.
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Gli uomini ti piacciono. guai se non esistessero! Ma a volte desideri toccarti da sola.
Ci pensi e, via via, l'eccitazione cresce fino a diventare pressante. Ma resisti e aspetti. Anche attendere, rimandare il momento di godere è piacere per te, è un piacere e un tormento! Godi nel sentire quella tensione al ventre, sentirti bagnare, sentire le labbra intime gonfiarsi dalla voglia!
Il desiderio cresce e tu pensi a come lo farai.
Lo farai sul tuo letto, senza spogliarti completamente. terrai la maglietta ma toglierai il reggiseno. Terrai gli slip ma li abbasserai fino alle caviglie in modo da farli tendere quando allargherai le gambe e tirerai a te le ginocchia.
Ti eccita tenerli così!
liberi i seni alzando la maglietta e ti accarezzi i capezzoli. Sono già duri al pensiero! Ti piace accarezzarti il ventre prima di toccarti davvero, passare le dita sul monte di Venere, liscio morbido , ha la forma di un triangolo con il vertice proprio all'inizio dello spacco. Indugi molto in questa carezza prima di arrivare al tuo fiore bagnato.
qui sfiori ripetutamente le dita sulle labbra esterne..... ti piace quel gonfiore teso che hanno. le stringi fra le dita e stuzzichi così il clito che è già pronto, pronto per darti piacere.
Quanto sei bagnata! E come ti senti eccitata e porca.
Ti apri e ti tocchi con la punta delle dita.
Ti piace la tua figa. È bellissima!
Come te la leccheresti se potessi..... Adori i tuoi orgasmi, adori godere in tutte le situazioni, godere di uomini e donne, ma ami anche godere da sola mentre la fantasia vola e i pensieri fanno di te una femmina senza limiti.
Ti apri e passi le dita all'interno.
Sei un torrente d'umori profumati, quanto ti piace l'odore della tua figa! Ti eccita! Ha un potere afrodisiaco enorme! Mentre ti tocchi ti inarchi tutta! Il tui corpo è teso come un arco! Ecco ora stringi fra pollice e indice della mano il tuo clito. è duro, tenace e scivoloso, è enormemente sensibile. Quanto ti piace strofinarlo! Grattarlo con le tue unghie lunghe! Tormentarlo e usarlo per godere! Devi avere le dita molto bagnate per goderlo appieno e le passi in figa dove c'è una fontana. Di solito godi presto.... Ma è il primo di molti orgasmi. Questo lo cerchi in fretta perché la voglia è pressante, ma poi godrai in maniera più prolungata. continui a strofinarti il clito ma l'altra mano la usi per penetrarti.
godi ancora così.
Raggiungi il tuo ano e ti piace far distendere le pieghette con le dita bagnate. Non riesci a smettere. E' una febbre che ti ha preso. La stanza sa di te.
Ti assaggi, sai di miele, di acqua di mare e di burro salato. Ti bevi. Ti succhi portando le dita dalla figa alla bocca.
Ti ami così come sei, porca, troia ....
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Sempre questa sensazione di inquietudine. Di attesa d’altro. Oggi sono le farfalle e domani sarà la tristezza inspiegabile, la noia o l’ansia sfrenata di rassettare questa o quella stanza, di cucire, andare qua e là a fare commissioni, e intanto cerco di tappare l’Universo con un dito, creare la mia felicità con ingredienti da ricetta di cucina, succhiandomi le dita di tanto in tanto, che mai potrò essere sazia, che sono un barile senza fondo, sapendo che “non mi adeguerò mai”, ma cercando assurdamente di adeguarmi mentre il mio corpo e la mia mente si aprono, si dilatano come pori infiniti in cui si annida una donna che avrebbe voluto essere uccello, mare, stella, ventre profondo che dà alla luce Universi splendenti, stelle nove… e continuo a far scoppiare Palomitas nel cervello, bianchi bioccoli di cotone, raffiche di poesie che mi colpiscono tutto il giorno e mi fanno desiderare di gonfiarmi come un pallone per contenere il Mondo, la Natura, per assorbire tutto e stare ovunque, vivendo mille e una vita differente… Ma devo ricordarmi che sono qui e che continuerò ad anelare, ad afferrare frammenti di chiarore, a cucirmi un vestito di sole, di luna, il vestito verde color del tempo con il quale ho sognato di vivere un giorno su Venere. -Gioconda Belli-
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Le puttane quando finalmente hanno guadagnato abbastanza soldi da smettere, vanno in vacanza a vivere una vita serena. Sedute su una sdraio forse la parte bassa del ventre la sentono meno, sentono meno anche i loro seni, la loro bocca che è stata più loro che sua, che ha detto sì quando voleva dire no, che è stata stuprata più e più volte solo per un tornaconto economico. Per sopravvivere la puttana ha lanciato parti di sé altrove, in un bosco immenso, che non ha fine, pensando di poterne fare a meno, pensando che prima o poi la gavetta avrebbe ripagato, pensando che un giorno quelle parti le avrebbe cercate e ritrovate. Nell'antica Roma le prostitute avevano un loro ruolo speciale in diverse osservanze religiose, soprattutto quelle del mese di aprile, notoriamente dedicato alle gioie dell'amore e presieduto da Venere. La prostituzione nell'impero romano era legale, pubblica e diffusa. I cittadini romani di più alto status sociale erano liberi d'intrattenere rapporti sessuali sia con prostitute che con giovani maschi, senza per questo incorrere in alcuna disapprovazione di tipo morale; sempre a condizione che mantenessero il perfetto controllo e padronanza di sé, dimostrando moderazione nella frequenza del piacere sessuale. Allo stesso tempo però erano considerate anche in maniera vergognosa: si trattava difatti per la maggior parte di schiave o ex-schiave; se invece erano di nascita libera finivano relegate al ruolo di infames, persone del tutto prive di posizione sociale e private della maggior parte delle protezioni accordate ai cittadini ai sensi del diritto romano. Ed è proprio così che oggi vediamo e trattiamo le puttane, da infames, da bambole gonfiabili, come se fossero niente. Fino a che punto la puttana è libera di scegliere? Un suo sì è davvero un sì oppure è obbligata dalla società? è obbligata a trovare dei soldi per sopravvivere oppure lo fa perché le va di scopare? E se lo fa per obbligo e non perché lo vuole quante volte allora si sente stuprata? Quante volte allora è costretta a sopportare il brutto pene di qualcuno? quante volte allora è costretta a succhiarlo ad uno peloso, ad uno che neanche si lava? Per quanto una puttana riesce a sopportare tutto questo? E riflettendo su quello che vi ho scritto, non vi definireste anche voi stupratori sapendo di star scopando una donna che è obbligata a farlo? Una donna che non è pienamente convinta?
#pensieri#frasi#frasi tumblr#noia#riflessioni#riflessione personale#parole#persone#frasi pensieri#citazioni
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Sempre questa sensazione di inquietudine di attesa d’altro.
Oggi sono le farfalle e domani sarà la tristezza inspiegabile,
la noia o l’ansia sfrenata
di rassettare questa o quella stanza,
di cucire, andare qua e là a fare commissioni,
e intanto cerco di tappare l’Universo con un dito,
creare la mia felicità con
ingredienti da ricetta di cucina,
succhiandomi le dita di tanto in tanto,
di tanto in tanto sentendo che mai potrò essere sazia,
che sono un barile senza fondo,
sapendo che “non mi adeguerò mai”,
ma cercando assurdamente di adeguarmi
mentre il mio corpo e la mia mente si aprono,
si dilatano come pori infiniti
in cui si annida una donna che avrebbe
voluto essere
uccello, mare, stella,
ventre profondo che dà alla luce Universi...
splendenti stelle nove...
e continuo a far scoppiare pop corn nel cervello,
bianchi bioccoli di cotone,
raffiche di poesie che mi colpiscono
tutto il giorno
e mi fanno desiderare di gonfiarmi come un pallone per contenere il Mondo, la Natura, per assorbire tutto e stare ovunque, vivendo mille e una vita differente...
Ma devo ricordarmi che sono qui e che continuerò
ad anelare, ad afferrare frammenti di chiarore,
a cucirmi un vestito di sole,
di luna, il vestito verde color del tempo
con il quale ho sognato di vivere
un giorno su Venere.
Gioconda Belli
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Sempre questa sensazione
di inquietudine
di attesa d’altro.
Oggi sono le farfalle e domani sarà la
tristezza inspiegabile,
la noia o l’ansia sfrenata
di rassettare questa o quella stanza,
di cucire, andare qua e là a fare commissioni,
e intanto cerco di tappare l’Universo con un dito,
creare la mia felicità con
ingredienti da ricetta di cucina,
succhiandomi le dita di tanto in tanto,
di tanto in tanto sentendo che mai potrò essere sazia,
che sono un barile senza fondo,
sapendo che “non mi adeguerò mai”,
ma cercando assurdamente di adeguarmi
mentre il mio corpo e la mia mente si aprono,
si dilatano come pori infiniti
in cui si annida una donna che avrebbe
voluto essere
Uccello, Mare, Stella,
ventre profondo che dà alla luce Universi
splendenti stelle nove…
e continuo a far scoppiare pop-corn nel cervello,
bianchi bioccoli di cotone,
raffiche di poesie che mi colpiscono
tutto il giorno e
mi fanno desiderare di gonfiarmi come un
pallone per contenere
il Mondo, la Natura, per assorbire tutto e stare
ovunque, vivendo mille e una vita differente…
Ma devo ricordarmi che sono qui e che
continuerò ad anelare,
ad afferrare frammenti di chiarore,
a cucirmi un vestito di sole,
di luna, il vestito verde color del tempo
con il quale ho sognato di vivere
un giorno su Venere.
- Gioconda Belli
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Sempre questa sensazione di inquietudine
di attesa d’altro.
Oggi sono le farfalle e domani sarà la tristezza inspiegabile,
la noia o l’ansia sfrenata
di rassettare questa o quella stanza,
di cucire, andare qua e là a fare commissioni,
e intanto cerco di tappare l’Universo con un dito,
creare la mia felicità con
ingredienti da ricetta di cucina,
succhiandomi le dita di tanto in tanto,
di tanto in tanto sentendo che mai potrò essere sazia,
che sono un barile senza fondo,
sapendo che “non mi adeguerò mai”,
ma cercando assurdamente di adeguarmi
mentre il mio corpo e la mia mente si aprono,
si dilatano come pori infiniti
in cui si annida una donna che avrebbe
voluto essere
uccello, mare, stella,
ventre profondo che dà alla luce Universi...
splendenti stelle nove...
e continuo a far scoppiare pop corn nel cervello,
bianchi bioccoli di cotone,
raffiche di poesie che mi colpiscono
tutto il giorno e
mi fanno desiderare di gonfiarmi come un
pallone per contenere
il Mondo, la Natura, per assorbire tutto e stare
ovunque, vivendo mille e una vita differente...
Ma devo ricordarmi che sono qui e che
continuerò
ad anelare, ad afferrare frammenti di chiarore,
a cucirmi un vestito di sole,
di luna, il vestito verde color del tempo
con il quale ho sognato di vivere
un giorno su Venere.
Gioconda Belli
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Sempre questa sensazione di inquietudine Di attesa d’altro. Oggi sono le farfalle e domani sarà la tristezza inspiegabile, la noia o l’ansia sfrenata di rassettare questa o quella stanza, di cucire, andare qua e là a fare commissioni, e intanto cerco di tappare l’Universo con un dito, creare la mia felicità con ingredienti da ricetta di cucina, succhiandomi le dita di tanto in tanto, di tanto in tanto sentendo che mai potrò essere sazia, che sono un barile senza fondo, sapendo che “non mi adeguerò mai”, ma cercando assurdamente di adeguarmi mentre il mio corpo e la mia mente si aprono, si dilatano come pori infiniti in cui si annida una donna che avrebbe voluto essere uccello, mare, stella, ventre profondo che dà alla luce Universi splendenti stelle nove… e continuo a far scoppiare Palomitas nel cervello, bianchi bioccoli di cotone, raffiche di poesie che mi colpiscono tutto il giorno e mi fanno desiderare di gonfiarmi come un pallone per contenere il Mondo, la Natura, per assorbire tutto e stare ovunque, vivendo mille e una vita differente… Ma devo ricordarmi che sono qui e che Continuerò ad anelare, ad afferrare frammenti di chiarore, a cucirmi un vestito di sole, di luna, il vestito verde color del tempo con il quale ho sognato di vivere un giorno su Venere.
Gioconda Belli, Sempre, L’occhio della donna - A cura di M. D'Amico
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Il mistero della bellezza
La pietà di Michelangelo Il mistero della bellezza, un articolo che cerca di indagare il fenomeno della bellezza attraverso alcuni brevi testi e diverse riflessioni di vari autori. Fair is foul, and foul is fair: Hover through the fog and filthy air. William Shakespeare È vero, è vero senza errore, è certo è verissimo: ciò che è in alto è come ciò che è in basso, e ciò che è in basso è come ciò che è in alto, per fare il miracolo della cosa unica. Ermete Trismegisto Beauty is truth, truth beauty, that is all Ye know on earth, and all ye need to know to be a perfect stupid. Carl William Brown Se tutte le nostre donne dovessero diventare belle come la Venere dei Medici, per un certo periodo noi ne saremmo incantati; ma presto cominceremmo a desiderare qualcosa di diverso e, ottenuto questo, vorremmo vedere accentuarsi certe caratteristiche che modifichino i criteri vigenti. Charles Darwin Chiedete a un rospo cos’è la bellezza, il bello assoluto, il kalòn. Vi risponderà che è la sua femmina, con i suoi due grossi occhi rotondi sporgenti dalla piccola testa, la gola larga e piatta, il ventre giallo, il dorso bruno. Interrogate un negro della Guinea: il bello è per lui una pelle nera, oleosa, gli occhi infossati, il naso schiacciato. Interrogate il diavolo: vi dirà che la bellezza è un paio di corna, quattro artigli e una coda. Consultate infine i filosofi: vi risponderanno con argomenti senza capo né coda; han bisogno di qualcosa conforme all’archetipo del bello in sé, al kalòn. Assistevo un giorno a una tragedia, seduto accanto a un filosofo. "Quant’è bella!", diceva. "Cosa ci trovate di bello?" domandai. "Il fatto," rispose, "che l’autore ha raggiunto il suo scopo." L’indomani egli prese una medicina che gli fece bene. "Essa ha raggiunto il suo scopo," gli dissi, "ecco una bella medicina!" Capì che non si può dire che una medicina è bella e che per attribuire a qualcosa il carattere della bellezza bisogna che susciti in noi ammirazione e piacere. Convenne che quella tragedia gli aveva ispirato questi due sentimenti e che in ciò stava il kalòn, il bello. Facemmo un viaggio in Inghilterra: vi si rappresentava la stessa tragedia, perfettamente tradotta, ma qua faceva sbadigliare gli spettatori. "Oh, oh," disse, "il kalòn non è lo stesso per gli inglesi e per i francesi." Concluse, dopo molte riflessioni, che il bello è assai relativo, così come quel che è decente in Giappone è indecente a Roma e quel che è di moda a Parigi non lo è a Pechino; e così si risparmiò la pena di comporre un lungo trattato sul bello. Voltaire, Dizionario Filosofico
Volto di donna La bellezza non è una qualità delle cose stesse: essa esiste soltanto nella mente che le contempla, e ogni mente percepisce una diversa bellezza. È persino possibile che una persona percepisca una bruttezza là dove un'altra prova un senso di bellezza: ogni individuo dovrebbe accontentarsi del suo sentimento personale, senza pretendere di regolare quello degli altri. La ricerca della bellezza reale o della bruttezza reale è altrettanto feconda quanto la pretesa di determinare ciò che è realmente dolce o ciò che è realmente amaro. Secondo la disposizione degli organi lo stesso oggetto può essere tanto dolce che amaro; e la sentenza ha giustamente stabilito che è inutile disputare sui gusti. È naturalissimo, e persino necessario, l'estendere questo assioma al gusto dello spirito, oltre che al gusto corporeo. Così il senso comune, il quale così spesso è in disaccordo con la filosofia, e specialmente con la filosofia scettica, si è ritrovato, una volta tanto, in accordo con essa nel pronunciare la stessa sentenza. David Hume, Della regola del gusto. Quando dico che la bellezza sconvolge, lo dico letteralmente, cioè mi riferisco anche ad aspetti psicopatologici. Conoscerete senz’altro la sindrome di Stendhal, che consiste nel fatto che alcune persone, di fronte a opere d’arte, sono a tal punto sconvolte da avere attacchi di panico, cioè da essere in una condizione di non padronanza di sé. La bellezza quindi non è una cosa tranquilla, la bellezza è qualcosa che ti sorprende. Ma come definire la bellezza? Tommaso d’Aquino dice in latino «pulchrum est quod visum placet», cioè "bello è ciò che quando lo guardi ti piace": tutto qua. Kant, invece, scrive che la bellezza è qualcosa che è senza concetto e senza scopo: vale a dire che, secondo Kant, la bellezza non può essere soggetta ad alcuna forma di teorizzazione – si coglie solo "intuitivamente" – e che essa è (anche questo è molto importante) “senza scopo” – perché la bellezza si inserisce nella categoria della inutilità. Thomas Mann per parlare di bellezza utilizza il verbo tedesco durchstechen, la bellezza "trafigge": qui si riconosce qualcosa di affine all’amore, infatti anche l’amore "trafigge". Bellezza e amore sono accomunati dall’avere la caratteristica di colpire.
Bellezza della natura L’uomo si trova in una condizione di dipendenza dalla bellezza, in cui tu non sei soggetto ma sei colui che patisce. E anche l’amore, al pari della bellezza, si inserisce nella dimensione della inutilità. Perché quando ogni scopo funziona come anello per raggiungere un altro scopo forma una "cattiva infinità, ossia l’infinità negativa, non essendo che la negazione del finito il quale però torna a nascere di nuovo e quindi non è superato". E allora ci vuole qualcosa di inutile per dare un senso alla nostra vita – e cosa c’è di inutile nella nostra vita, che non ha bisogno di rimandare ad altro, che è significativo e pieno di senso? Io conosco solo l’amore e la bellezza, che sono due dimensioni inutili, ma proprio perché inutili sfuggono alla catena dell’utilità, entro cui ogni cosa rimanda ad altro per il suo significato. Umberto Galimberti, il Mistero della Bellezza Sintetizzando, secondo il filosofo Nicola Abbagnano si possono distinguere cinque concetti fondamentali del Bello, e precisamente: 1) il Bello come manifestazione del bene; 2) il Bello come manifestazione del vero; 3) il Bello come simmetria; 4) il Bello come perfezione sensibile; 5) il Bello come perfezione espressiva. La prima concezione è propria di Platone e poi di Plotino dove assume carattere teologico e mistico; la seconda è sviluppata nell'età romantica, per esempio in Hegel per il quale bellezza e verità sono la stessa cosa. Il concetto del Bello come simmetria è presente in Aristotele, che lo tramanda anche alla filosofia medioevale e al Rinascimento; la quarta concezione invece è quella con cui nasce e si afferma l'Estetica, per esempio in Baumgarten (Aesthetica, 1750), e l'ultima accezione rappresenta un completamento di questa in quanto si considera il Bello come espressione riuscita e quindi arte. Il bello richiama talvolta anche il concetto di bene. Se in generale Bene indica tutto ciò che ha valore, pregio e dignità, in filosofia tale concetto si presenta secondo due prospettive, una metafisico-oggettivistica, il Bene è la realtà perfetta e suprema, e una soggettivistica, secondo cui il Bene è ciò che si desidera e piace. La prima teoria è tipica del mondo antico e medioevale (Platone, Aristotele, Plotino e Tommaso), che parlano del Bene come fonte della verità, del bello, del conoscibile, Bene come Dio, etc.; la seconda del pensiero moderno e contemporaneo che definisce il bene solo in relazione al soggetto che lo vuole, e ciò sia in senso relativistico, sia come in Kant che parla del bene voluto da una volontà buona, cioè guidata da una legge universale. Alcune filosofie contemporanee infatti preferiscono parlare del valore anzichè del Bello, considerando il valore come una realtà assoluta ed ultima, e si inscrivono nella stessa concezione tradizionale del bene. Carl William Brown
Bellezza del corpo Leggendo un libretto del filosofo Maurizio Ferraris sulla bellezza, scopriamo ancora varie cose interessanti. A Boston esiste, dal 1993, it MOBA (Museum of Bad Arts), un museo di "brutte arti" che organizza mostre, conferenze, sviluppando un'idea semplice ma efficace: prendi un po' di croste e le chiami con it loro nome. L'operazione non riesce sino in fondo, alcune opere non sono poi cosi male, e nel complesso si ha l'impressione che la percentuale di arte brutta non sia significativamente superiore a quella presente in molti musei di belle arti, antiche e moderne. Ma quello che importa e che il MOBA ironizza su un dogma verso cui il senso comune contemporaneo in materia d'arte tocca il massimo consenso. Cioe sulla tesi secondo cui la bellezza non e piu l'obiettivo fondamentale di quelle che una volta si chiamavano "belle arti", per distinguerle dalle arti utili. È un fenomeno che viene da lontano, e risale almeno al Romanticismo, caratterizzato da Hegel (al quale i romantici non piacevano affatto) come un predominio del contenuto sulla forma, come una disarmonia prestabilita e fortemente voluta. E non a caso nel 1853 un hegeliano, Rosenkranz, scrisse Estetica del brutto, cogliendo lo spirito dell'epoca (senza dimenticare poi che, in una tradizione che dai greci porta a Hume e a Voltaire, e viene contraddetta solo da teorie fortemente normative come il classicismo di Winckelmann, appare chiaro che la bellezza, in quanto qualità antropologica, reca in sé sempre un tratto ineliminabile di storicità e di relatività). Ovvio, per qualche decennio, tra Otto e Novecento, ci fu ancora qualche visitatore impreparato che di fronte a croste o a capolavori gridava "Brutto! Brutto!", ma oggi la verità è radicalmente diversa, e di fronte a quelle stesse croste o a capolavori si mormora "Bello! Bello!", non perché li si consideri belli, ma per far capire - in una maniera un po' contorta - che non si è di quelli che ritengono che un'opera d'arte debba essere bella. All'origine di tutto questo, sul piano dei costumi di massa, è ovviamente Duchamp: prendi un orinatoio, o uno scolabottiglie (curioso strumento, d'altra parte) o una ruota di bicicletta, lo esponi in un ambiente adatto (galleria, museo), gli dai un titolo e lo firmi, e lì realizzi la meravigliosa transustanziazione concettuale per cui un oggetto comune diventa un'opera d'arte. Da questo punto di vista, schivare la bellezza è centrale per evitare che qualche incompetente possa pensare che il miracolo dipenda dall'azione di proprietà estetiche, e non dall'invenzione concettuale. Già, le "proprietà estetiche", ossia, sempre nel parlar comune, le proprietà legate alla bellezza, nelle espressioni "chirurgia estetica", "istituto di estetica", "migliorare l'estetica" di un boiler (o magari di un orinatoio adibito a usi ordinari).
Articolo sul bello e la bellezza Che fine fanno le proprietà estetiche, nel momento in cui l'arte sembra essere tutta concettuale, e infischiarsene della bellezza? E, questione subordinata e minore, che fine fa l'estetica, intesa come dottrina filosofica che si occupa del bello e dell'arte, nella convinzione, ormai non più garantita, che i due termini abbiano molto in comune? Il bello, se così possiamo dire, è però che l'estetica non è affatto morta, anzi, è in condizioni di salute molto migliori rispetto a qualche anno fa. Da una parte, trova nuovi campi di applicazione (per esempio l'universo dei consumi di massa e del web) e nuovi strumenti di indagine (come / nelle ricerche della neuroestetica). Dall'altra, ritrova significati che con il tempo si erano persi, per esempio l'idea che l'estetica non si occupi solo di arte ma anche di percezione (aísthesis, da cui il nome "estetica"). Come è possibile? Probabilmente, la diagnosi secondo cui la bellezza non conta sottovaluta due circostanze. La prima è che i discorsi sulla sparizione della bellezza vengono regolarmente costruiti su un tipo di arte, quella visiva, che è estremamente anomala. Perché proprio l'arte visiva ha subito più direttamente l'impatto della riproducibilità tecnica dell'arte, che ha sollevato gli artisti da obblighi rappresentativi che favorivano la maestria tecnica, anche se non necessariamente la bellezza. Poi, in modo crescente, c'è stata la producibilità tecnica delle opere, ossia il fatto che tra creare un'applicazione per un telefonino e produrre un'opera non c'è alcuna differenza di fondo. Il risultato è che la manualità non conta più niente in arti in cui, in precedenza, costituiva un elemento decisivo. E chiaro che qui abbiamo a che fare con un radicale cambio di registro, che viceversa non si è prodotto in altre arti, in cui la manualità non aveva sin dall'inizio alcuna importanza (per esempio, nella letteratura) o che sin dal loro sorgere sono state caratterizzate da una fortissima componente di riproducibilità e producibilità tecnica, come il cinema e le sue evoluzioni digitali. Questa trasformazione, però, non ha affatto comportato la scomparsa dell'estetica nel suo senso tradizionale di filosofia dell'arte, sia perché si tratta di spiegare la grandissima dose di concettualità delle arti visive, sia perché si tratta di fare i conti con gli sviluppi dell'opera d'arte nell'epoca della sua diffusione di massa e della sua producibilità tecnica. Ma accanto a questo c'è un secondo elemento forse anche più interessante, e cioè il fatto che non è per niente vero che la bellezza sia scomparsa. Se dal MOBA passiamo alla moda, nessuno si sentirebbe imbarazzato a dire che un abito è brutto, o bello, e d'altra parte non ci vuol molto per vedere quanto i giudizi estetici abbiano a che fare con una delle caratteristiche fondamentali dell'essere umano, il piacere e il dispiacere che viene provocato in noi dal semplice presentarsi sensibile di cose o di persone. Questo lo aveva visto bene Kant, e il ritorno a una estetica come aísthesis, come teoria della sensibilità, ha il merito di ricordarcelo.
Sant'Agostino e il diavolo La bellezza ha lasciato alcune opere, ed è migrata altrove, trasferendosi, per così dire all'ambiente naturale (il paesaggio e la sua tutela) e culturale, incominciando dagli immediati dintorni dell'arte, come i musei, per venire ai vini, ai cibi, alla cura del corpo. E l'estetizzazione del mondo di cui tanto si è parlato ai tempi del postmoderno, ma è anche qualcosa di più, e cioè la consapevolezza del fatto che la sensibilità ci mette in contatto con una sfera reale e inemendabile (se il vino sa di tappo, sa di tappo, e non c'è sortilegio concettuale che tenga), insegnandoci che il mondo non è semplicemente come ce lo dipingiamo, o ce lo dipingono. Senza dimenticare poi che la bellezza può decidere della felicità delle persone come tutta una letteratura sull'amore e i sentimenti, che abbiamo cercato di antologizzare, dimostra con larghezza. Il nocciolo di questo aspetto lo ha colto bene Stendhal: "la bellezza è una promessa di felicità". Questa frase sposta il dibattito dalle sfere somme, e dai paragoni fuori luogo, al nocciolo della faccenda, dicendoci che la bellezza non è una entità magniloquente, bensì una proprietà terziaria (cioè espressiva) connessa a oggetti, opere, eventi e soprattutto persone: c'è qualcosa nel mondo che si stacca dalla nebulosa delle cose circostanti perché esprime qualcosa, e in particolare una promessa, quella di renderci felici. La promessa potrà non essere mantenuta per intero (ed è ciò che accade il più delle volte, il che spiega perché la bellezza ha una qualche parentela con l'inganno e addirittura con il pericolo, come in Rilke e in Fitzgerald), oppure potrà durare troppo poco (ed è per questo che la bellezza è legata alla malinconia e alla caducità, come nei versi di Baudelaire), ma intanto importa che in quel preciso punto del mondo ci sia una promessa di quel genere, che si rivolge proprio a noi. La bellezza, dunque, importa. Ma bisogna evitare l'eccesso inverso rispetto alla squalificazione novecentesca. L'idea di Dostoevskij secondo cui la bellezza salverà il mondo è in ultima analisi tutt'altro che benigna: non date né scienza né pane al mondo, dategli lustrini e veline, e che si accontenti. Insomma, si sente il vento, non tanto della follia, quanto piuttosto dello stupore a poco prezzo e del raggiro che pagheremo caro. Un rischio collaterale di questa frase così immodesta (perché veniva da uno scrittore, dunque da un professionista della bellezza) è inoltre di fare odiare la bellezza, e di farle preferire il brutto per il brutto. Il che, fra l'altro, è storicamente avvenuto. Non appena un artista, un critico, un filosofo, si sono infuriati con l'idea che la bellezza avesse la meglio sulla giustizia e sull'umanità, il primo gesto è stato per l'appunto teorizzare, o purtroppo anche realizzare, opere brutte, che non fornicassero con l'estetismo, che ci mettessero sotto gli occhi i dolori del mondo, senza redimerli, ossia lasciandoli brutti, anzi, aggiungendo bruttezza a bruttezza. E poi, già che ci siamo, si è provveduto a riempire il mondo di case brutte, di calzoni a zampa, di panini alla piastra, e ovviamente di opere che meriterebbero di finire al MOBA. Maurizio Ferraris, Bellezza Comunque possiamo aggiungere che sulle categorie estetiche del bello si è proprio detto tutto e il contrario di tutto, come sulle altre questioni del resto. Ad esempio, Edmund Burke, filosofo e politico irlandese del XVIII secolo, ha elaborato una particolare teoria del bello e del sublime nel suo saggio del 1757 intitolato: A Philosophical Enquiry into the Origin of Our Ideas of the Sublime and Beautiful ( Un'indagine filosofica sull'origine delle nostre idee del sublime e del bello). Secondo Burke, il bello e il sublime sono due concetti estetici distinti. Il bello si riferisce a ciò che è piacevole alla vista e all'udito, e che suscita una sensazione di armonia e proporzione. Burke ha descritto il bello come "ciò che è formato in modo tale da suscitare la semplice approvazione dello spirito". Egli ha sostenuto che il bello è un concetto universale, che può essere apprezzato da tutti gli esseri umani indipendentemente dalla loro cultura o dalla loro esperienza. Read the full article
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La mia bisessualità immaginaria coglie di sorpresa ogni donna che mi circonda. Io, fin dai tempi antichi innamorata delle immacolate sottane e degli ipocriti reggiseni, con una fame per nulla distratta, ma folle e perversa, guardavo quei corpi sinuosi e morbidi, soffermandomi su quei cambi di colore dei petti femminili che mi facevano bruciare di curiosità, mista a vergogna e senso di pericolo. Quei corpi umani ma così poco umani erano contagiosi, terrificanti. Ero stata forse io allattata a qualcosa di così turgido e tetro? Avevo inalato qualche veleno? Le veline a Striscia la Notizia, le vallette, i giudizi su Miss Italia. L'ultima volta è stata una settimana fa, scorrendo instagram e valutando quelle che tra i miei contatti erano secondo me le più belle. Una volta sola, un bacio irritante su una spiaggia, con l'esemplare rumeno più principesco della scuola. Tornando a casa mi lavai la bocca, come se il sapone potesse cancellare quei miei sguardi ansiosi e desideranti di bambina innocente di fronte alla maestosità della Latteria di Corte. Come una gallina in gabbia, che fa versi maestosi, mi adagiavo dandomi arie di trobairitz di letteratura cortese, trasformando neutri corpi maschili in dame e granduchesse, donne angelicate. Ogni uomo diventava Beatrice, nella tragedia intellettuale di una ragazzina invadente, spaventata. Mi inventavo mondi su mondi in cui contenere pezzi di anime immaginarie per non far nutrire sospetti. Ma era Beatrice anche Irene, sul divano quella notte. E Beatrice era la fanciulla dai rossi capelli, che si trovò faccia a faccia con Madama in un appartamento di Milano. Io senza nessuno dei due, io eterna esclusa, io grande Pierrot nelle luci d'amore del primo giorno. Quando si aprirono le finestre del nuovo giorno, dimenticai che l'esistenza è un gioco carnale di cui non posso comprendere la sostanza, mentre ben potevo capire l'influsso di glutei fruttati sulla mia rigida esperienza. Vidi una coinquilina nuda. Mi voltai. La nudità mi agita. Ostile alle femministe perché vorrei abusare di loro. Gettarmi nel ventre femmineo come un neonato nella sua boccia. Stringermi nuovamente a un cordone, bellezza materna, calore ancestrale, nettare preistorico risucchiato dalla cannuccia del mio cuore. Attento, attonito, impreciso, non fa differenze di genere. ''Sono come la Svizzera, neutro e imparziale'' mi disse una volta qualcuno. Io la parzialità l'ho addentata a morsi, ho morso le immagini delle donne che mi inquietavano, del loro aggirarsi come serpenti, seduttrici sporche eppure madonne celesti. Mi ritiro nel mio mantello, mi rifugio nell'ascolto dei suoni delle stelle. Musicista, potrò mai scrivere di Elisa? O essa è solo tua, oramai, col suo naso importante e la sua età, molto più in là della tua? Agli Uffizi ho evitato Venere come fosse un qualcosa di contaminato. La contaminazione sta nei miei occhi, io sono il mostro, il felino in agguato. Io delle donne temo tutto, soprattutto la bellezza delle loro apparenze, il velo che svela e che nasconde. La luce nei lunghi capelli biondi, i boccoli degli angeli, le bianche schiene avvolte in merletti e catene. Sono il diabolico destino dell'umanità: il folletto schizzinoso che sbatte i denti per il freddo di amori implacabili e suadenti generati dalle donne. Smettete di partorire, smettete di urlare, smettete di domandare di godere. Le donne hanno il privilegio d'avermi attratte ad esse con l'inganno. Io, senza sorelle e senza fratelli, nell'ombra di una tenda coi fiori, nel letto di una cugina, a respirare un respiro non mio, l'unica intimità a me concessa tra le fauci di una donna. Diceva di voler diventare anoressica, me ne spiegava il significato. In tutto questo, Irene sul trono. Da sempre Irene. Cosa dici, Madama, ad Irene, che hai tenuto in ostaggio nella casa dal lampadario acceso? Tutta la notte vi aspettai, e quando lei scese, i suoi occhi avevano impresso il marchio di un discorso che nessuno mai sentirà. Dove finisce Irene, inizia Madama. Dove Madama finisce, tutto in Irene si placa.
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Vorrei restare con il viso appoggiato al tuo ventre, lì dove poco fa risaliva tutto quel desiderio, inspirare ciò che resta dell' orgasmo, sentendo le dita che mi accarezzano i capelli e poi il collo.
Vorrei restar così con gli occhi aperti sul monte di Venere ad ascoltare i respiri, accarezzandoti le cosce, risalendo sulla fessura ancora umida e palpitante e toccarla lentamente, seguendo il ritmo delle tue dita sulla nuca.
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SOPRAVVIVENZA
Spero di sopravvivere a me stesso,
a questo corpo che è ossigeno per tumori,
sopravvivere da uomini soli,
all’apatia di questo tempo grigio cenere
di sigarette spente sul ventre ricurvo della noia.
Di sopravvivere al di là del male e del bene
caro Nietzsche per risollevarsi da postumi di gloria
per poi non specchiarsi più nel fondo di un bicchiere,
rinascere con Venere con le mani in tasca
e non stringerla ad uno che mi rassomiglia.
Spero di sopravvivere all’odio criptato in codici
Su schermi piatti da cui i giovani guardano il mondo
Imparano ad amare cuori di cera senza fili logici
e se ci sono non li capisco e dico basta!
Basta a queste albe di imperi nati vecchi
A megastrutture, architetture che ci dividono e ci rendono incompleti.
Sopravvivere a Dio che si è perso negli specchi
E tocca a me acquarellare il suo creato perché se ci rifletti le pareti
stringono nodi alla gola e ci allontanano come superstrade
che sorvolano quartieri tossici dove è la polvere a sorridere
Così spero di incontrare uno che mi odi per quello che sono e dirgli vai.
Poi ridere fino a morire per rinascere e sopravvivere.
(Winnie Luu)
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SEMPRE
Sempre questa sensazione d’inquietudine
di attesa d’altro.
Oggi sono le farfalle e domani sarà la
tristezza inspiegabile.
La noia o l’ansia sfrenata
di rassettare questa o quella la stanza,
di cucire, andare qua e là a fare commissioni,
e intanto cerco di tappare l’Universo con un dito,
creare la mia felicità con
ingredienti da ricetta di cucina,
succhiandomi le dita di tanto in tanto,
di tanto in tanto sentendo che mai potrò essere sazia,
che sono un barile senza fondo,
sapendo che “non mi adeguerò mai”,
ma cercando assurdamente di adeguarmi
mentre il mio corpo e la mia mente si aprono,
si dilatano come pori infiniti
in cui si annida una donna che avrebbe
voluto essere uccello, mare, stella,
ventre profondo che dà alla luce Universi
splendenti stelle nove…
e continuo a far scoppiare Palomitas nel cervello
bianchi bioccoli di cotone,
raffiche di poesie che mi colpiscono
tutto il giorno e
mi fanno desiderare di gonfiarmi come un
pallone per contenere
il Mondo, la Natura, per assorbire tutto e stare
ovunque, vivendo mille e una vita differente…
ma devo ricordarmi che sono qui e che
continuerò
ad anelare, ad affermare frammenti di chiarore,
a cucirmi un vestito di sole,
di luna, il vestito verde color del tempo
con il quale ho sognato di vivere
un giorno su Venere.
Gioconda Belli
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#comepossononadorarti
«Ed allora tu conosciti bene,
a seconda del corpo assumi figura d'amore, non a tutte s'addice la stessa. Sei bella di viso?
Allora giaci supina. Fatti vedere di schiena
se la tua schiena ti piace. Milanione portava
le gambe d'Atalanta in spalla, se son belle
va bene vederle così. Si metta pure a cavallo
dell'uomo una piccolina; mai la sposa tebana
si mise a cavallo di Ettore, lei che era una stangona.
La donna che si ammira per il lungo fluire
dei fianchi s'inginocchi sul letto, la testa indietro.
Chi ha cosce giovanili e seno senza difetti
si sdrai obliquamente davanti all'uomo in piedi.
E non ti sembri brutto tenere i capelli sciolti
e lasciarli fluttuare girando il collo al modo
d'una strega. E tu cui la dea Lucina segnò
di brutte rughe il ventre combatti solo di schiena
come il Parto veloce girato sul suo cavallo.
Mille i giochi di Venere, il più semplice e piano
è quando semisupina lei giace sul fianco destro.
Ma i tripodi di Apollo e le corna di Ammone
non vi daranno responsi più veri della mia Musa;
se avete un po' di fiducia mettetela in quell'arte
che mi son fatto con lunga esperienza, i miei versi
non la deluderanno. La femmina appagata,
dal fondo delle midolla senta Venere: il gusto
faccia godere entrambi alla stessa maniera.
Non cessino mai le parole dolci e i gioiosi sussurri,
non manchino voci oscene nei vostri lunghi giochetti.»
(Ovidio, L'arte di amare, III, 772-799)
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Sempre questa sensazione di inquietudine
di attesa d’altro.
Oggi sono le farfalle e domani sarà la
tristezza inspiegabile,
la noia o l’ansia sfrenata
di rassettare questa o quella stanza,
di cucire,andare qua e là a fare commissioni,
e intanto cerco di tappare l’Universo con un dito,
creare la mia felicità con
ingredienti da ricetta di cucina,
succhiandomi le dita di tanto in tanto,
di tanto in tanto sentendo che mai potrò essere sazia,
che sono un barile senza fondo,
sapendo che “non mi adeguerò mai”,
ma cercando assurdamente di adeguarmi
mentre il mio corpo e la mia mente si aprono,
si dilatano come pori infiniti
in cui si annida una donna che avrebbe
voluto essere
uccello, mare, stella,
ventre profondo che dà alla luce Universi
splendenti stelle nove…
e continuo a far scoppiare Palomitas nel cervello,
bianchi bioccoli di cotone,
raffiche di poesie che mi colpiscono
tutto il giorno e
mi fanno desiderare di gonfiarmi come un
pallone per contenere
il Mondo, la Natura, per assorbire tutto e stare
ovunque, vivendo mille e una vita differente…
Ma devo ricordarmi che sono qui e che
continuerò ad anelare, ad afferrare frammenti di chiarore,
a cucirmi un vestito di sole,
di luna,il vestito verde color del tempo
con il quale ho sognato di vivere
un giorno su Venere.
(Gioconda Belli)
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Sempre questa sensazione di inquietudine di attesa d’altro. Oggi sono le farfalle e domani sarà la tristezza inspiegabile, la noia o l’ansia sfrenata di rassettare questa o quella stanza, di cucire, andare qua e là a fare commissioni, e intanto cerco di tappare l’Universo con un dito, creare la mia felicità con ingredienti da ricetta di cucina, succhiandomi le dita di tanto in tanto, di tanto in tanto sentendo che mai potrò essere sazia, che sono un barile senza fondo, sapendo che “non mi adeguerò mai”, ma cercando assurdamente di adeguarmi mentre il mio corpo e la mia mente si aprono, si dilatano come pori infiniti in cui si annida una donna che avrebbe voluto essere Uccello, Mare, Stella, ventre profondo che dà alla luce Universi splendenti stelle nove… e continuo a far scoppiare pop-corn nel cervello, bianchi bioccoli di cotone, raffiche di poesie che mi colpiscono tutto il giorno e mi fanno desiderare di gonfiarmi come un pallone per contenere il Mondo, la Natura, per assorbire tutto e stare ovunque, vivendo mille e una vita differente… Ma devo ricordarmi che sono qui e che Continuerò ad anelare, ad afferrare frammenti di chiarore, a cucirmi un vestito di sole, di luna, il vestito verde color del tempo con il quale ho sognato di vivere un giorno su Venere.
Gioconda Belli
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